lunedì 23 dicembre 2013

Ready to go, ready to Thai

Viaggiare ancora una volta significa allargare i confini.
Viaggiare ancora una volta significa conoscere nuove persone.
Viaggiare ancora una volta significa conoscere ancora me stessa.
L’ultima sfida del mio 2013. Una nuova meta, un nuovo zaino-valigia e questa volta tanti sconosciuti compagni di viaggio.
Ma non solo.
Questa volta, un posto in cui voler tornare.
Chiudere per un po’ le cose in un cassetto per sapere dove andarle poi a ritrovare.
Sta zitta la vocina che pensava: “magari non tornassi più”.
Anche queste settimane saranno qualcosa che arricchisce la vita, la mente, il cuore, che daranno nuovi strumenti, nuovi stimoli, sazieranno la mia iperattività emotiva, ma questo viaggio non sarà il modo (meno) semplice e rapido per scappare da me stessa.
No.
Io mi porto con me, mi porto in giro a conoscere il mondo, a scattare foto, risate, souvenir, e poi torno a casa e ho voglia di essere me stessa + 1.
Ed uno più uno farà sempre due.

Viaggiare ancora una volta, ancora più lontano, ancora più difficile, con un bagaglio di roba sulle spalle che sembra pesante e in realtà è leggerissimo.
Perché io ho capito, ho capito cosa portare, cosa limare, cosa lasciare, ho capito (alcune volte) l’essenziale.
Ho capito per me cosa significa viaggiare.


“Why do you go away? So that you can come back. So that you can see the place you come from with new eyes and extra colors. And the people there see you differently, too. 

Coming back to where you started is not the same as never leaving.”

 
Thailand is called: the land of smile...

domenica 15 dicembre 2013

Love talks

Ci sono due modi di vivere. Uno: dominati dalla paura; l’altro: orientati verso l’amore.

Vivere dominato dalla paura non ti condurrà mai a un rapporto profondo. Resti impaurito e non tolleri l’altro, non permetti all’altro di arrivare fino al tuo centro. Gli dai il permesso fino a un certo punto – poi c’è un muro e tutto si ferma.

La persona orientata verso l’amore è la persona religiosa. Una persona orientata verso l’amore è una persona che non ha paura del futuro, che non ha paura dei risultati e delle conseguenze, che vive qui e ora.
Se sai vivere in questo momento, nel momento presente, in questa pienezza, solo allora sai amare. L’amore è un fiore raro. Fiorisce solo ogni tanto. Milioni e milioni di persone vivono nella falsa convinzione di essere innamorate. Credono di amare, ma è soltanto una loro idea.

L’amore è un fiore raro perché fiorisce soltanto quando non c’è paura, mai prima. Questo vuol dire che l’amore può accadere solo a una persona profondamente spirituale, religiosa. Il sesso è per tutti, la conoscenza superficiale è per tutti. L’amore no.
Solo quando non ti senti impaurito, allora non c’è nulla da nascondere, allora puoi aprirti, allora puoi eliminare tutti i confini. E allora puoi invitare l’altro a penetrare fino al tuo centro.

E ricorda: se permetti a qualcuno di penetrarti profondamente, anche l’altro ti permetterà di farlo, perché quando lasci che qualcuno ti penetri, crei fiducia. Quando non hai paura, l’altro diventa intrepido.

Nell’amore che vediamo oggi intorno a noi, la paura è troppo spesso presente. Il marito ha paura della moglie, la moglie ha paura del marito. Gl’innamorati hanno sempre paura. Non si aprono, non eliminano i confini. Ma questo non è amore. È soltanto un contratto fra due persone impaurite, che dipendono l’una dall’altra, che si combattono, si sfruttano, si controllano, si dominano e si posseggono – ma non è amore.

Cos’hai da perdere? Niente. Questo corpo sarà preso dalla morte. Prima che sia preso dalla morte, fanne dono all’amore. Tutto ciò che hai ti verrà tolto. Prima che ti sia tolto, perché non condividerlo? Questo è l’unico modo di possederlo davvero. Se sei capace di donare e condividere, sei il maestro. Ti verrà tolto. Non c’è niente che puoi tenere in eterno. La morte distruggerà tutto.

Allora cos’è questa paura? Perché hai così tanta paura?
Anche se si venisse a sapere tutto di te e tu diventassi come un libro aperto, perché aver paura? In quale maniera questo può farti del male? Sono solo idee sbagliate, condizionamenti dati dalla società – che ti devi nascondere, che ti devi proteggere, che devi stare sempre in guardia, che tutti sono dei nemici, che tutti sono contro di te.
Non c’è niente di cui avere paura. Questo deve essere compreso prima che possa accadere una vera relazione sentimentale. Non c’è niente di cui aver paura.

Meditaci su. E poi permetti all’altro di entrare in te, invitalo a entrare. Non creare barriere da nessuna parte, diventa un passaggio sempre aperto, senza porte, senza lucchetti. Allora l’amore è possibile.

Quando due centri s’incontrano, nasce una cosa nuova. Questa cosa nuova è l’amore. Ed è proprio come l’acqua – la sete di tante e tante vite viene appagata. Improvvisamente ti senti soddisfatto.
Quello è il segno visibile dell’amore; ti senti contento, come se avessi raggiunto tutto ciò che desideri. Non c’è più nulla da conseguire ora; sei arrivato alla meta. Non c’è un’altra meta, il destino si è compiuto. Il seme è diventato fiore, è arrivato alla completa fioritura.

Una profonda contentezza è il segno visibile dell’amore. Ogni qualvolta una persona è innamorata, si sente profondamente appagata. L’amore non si può vedere, ma la contentezza, la soddisfazione profonda tutt’intorno… ogni suo respiro, ogni suo atto, il suo essere stesso è contentezza.

Puoi sorprenderti quando dico che l’amore ti rende privo di desideri, ma il desiderio viene dall’insoddisfazione. Desìderi perché non hai. Desìderi perché pensi che se avrai qualcosa, sarai contento. Il desiderio viene dalla scontentezza.
Ma quando c’è l’amore e i due centri si sono incontrati, uniti e dissolti, ed è nata una nuova qualità alchemica, ti senti appagato. È come se l’intera esistenza si fosse fermata – non c’è più movimento. Allora, il momento presente è l’unico momento.

Per questo ti dico: l’amore fa sparire i desideri. Sii coraggioso, liberati dalla paura, sii aperto. Lascia che il centro di un altro s’incontri con quello che è in te e attraverso questo rinascerai, si creerà una nuova qualità dell’essere.
Se c’è l’amore, sentirai veramente per la prima volta che l’esistenza è divina e tutto il creato è una benedizione. Ma c’è molto da distruggere prima che ciò sia possibile. Molto dev’essere distrutto prima che ciò sia possibile. Devi abbattere tutto ciò che crea delle barriere dentro te.
Fai dell’amore un sadhana, una disciplina interiore. Non permettere che sia soltanto una cosa frivola, non permettere che sia solo un’occupazione della mente. Non permettere che sia soltanto una soddisfazione del corpo. Fanne una ricerca interiore.

La chiave di base è questa: devi permettere all’altro di penetrarti sin nel recesso più profondo del tuo intimo, fino alle fondamenta del tuo essere. La distruzione dell’ego è la meta. Da qualunque porta si entri nel mondo interiore – dall’amore, dalla meditazione, dallo yoga, dalla preghiera – qualunque sentiero si scelga, la meta è la stessa:
la distruzione dell’ego, buttare via l’ego.


Osho, Love Talks

martedì 3 dicembre 2013

Le anime

[non ho parole e allora rubo quelle di qualcun altro]

"Le anime si incontrano per caso,
per curiosità, per determinazione.
In tutti i casi, l’incontro ha sempre del miracolo.
Nella coincidenza,
la componente magica è più evidente,
ma decidere, partire, muoversi a tempo,...
fino a trovarsi nel luogo dove la cosa sta accadendo
è miracoloso
come la costruzione di tutte le cose immaginate."

Vinicio Capossela


"Another sunny day"

 

sabato 23 novembre 2013

Vedrai, vedrai...

Come diceva Luigi Tenco:

"Perchè scrivi solo cose tristi?"
"Perchè quando sono felice esco".

Esco un po', people.
Ho voglia di essere felice.
Scriverò quando saprò di nuovo trovare le parole per descrivere la cose belle.

Esco un po', people.

Little Erica

domenica 17 novembre 2013

"Un anno di..." - Testamento per rinascere e avviarsi alla versione 2.0

Intro

La notte del 30 ottobre del 2012 mi trovavo sulla panchina fuori dalla mia casa spagnola, a parlare con il mio compañero di sempre, dei nostri progetti e del nostro futuro. I mesi di volontariato erano agli sgoccioli, io ero materialmente (ma non mentalmente) pronta per tornare in Italia. Lui mi chiese se davvero volevo finire gli studi. 
"Sì, ci proverò"
"Ma quanto ti manca?"
"Sei esami e una tesi di circa 100 pagine"
“Quindi un anno” - mi disse.

Un anno. In quel momento mi resi conto del tempo davanti a me, che mi schiacciava e mi impauriva.
Un anno. Dodici mesi prima di potermi dire di nuovo libera e inseguire i miei sogni.
“Ma davvero, così tanto? E’ troppo, vedremo cosa accadrà”.

365 e più giorni dopo, ho dato i 6 esami, la tesi è di 140 pagine e il compañero non c’è più.
Ma io ho imparato che il tempo è relativo, che i mesi a volte scorrono tutti uguali e velocissimi, e che poi capita una settimana che vale mezza vita.
Ho imparato che si possono ritrovare amicizie vecchissime come se fossero cristallizzate nel tempo e che basta un minuto per chiudere per sempre con qualcuno.
Ho imparato anche che io non controllo niente, che tutto capita quando mi deve capitare e che devo anche sapermi abbandonare.

Ho imparato che mi posso perdonare.

365 giorni e più giorni dopo, ho imparato tante di quelle cose…
Ma soprattutto, ho imparato che devo continuare ad imparare.

Il mio anno di ricerca adesso è scritto qui. Nero su bianco. Pubblico perché dev’essere così. Perché solo dall’ultima confessione posso purificarmi davvero. Non cancellare, ma chiudere. Non eliminare, ma sciogliere.

Un anno di.

Il ritorno. La fine di una grande storia d’amore. L’illusione (in)consapevole su una persona lontana. Il vuoto intorno perenne e presente. Le tante serate in casa a studiare, i weekend solitari, le notti agitate – perché ti svegliavi di soprassalto e non sapevi dov’eri.

Il cambio di casa, i viaggi in cerca di qualcosa, l’abbandono dei gatti, dei mobili e delle tue certezze (quanto è facile distruggere e com’è difficile ricostruire).

Un senso di colpa che ti pugnala al cuore.
I sorrisi sempre e comunque, il lavoro – quel lavoro incerto e precario, che chiede molto e dà poco in cambio, che ti costringe a svegliarti anche se per poche ore.

Quei bambini che da anni mi salvano la vita.

La tesi. Le ansie per i primi libri da cercare, gli ultimi esami dati da sola senza le compagne di università. Da sola a districarti tra i documenti della domanda di laurea e svegliarti alle 6 per mettere a posto il capitolo 1,2,3.

Scegliere le tende, il colore della camera e la nuova poltrona. Solo per te.

Scrivere ogni giorno un diario reggiano che vorresti finire, come chi deve scaricare le latrine.

Scrivere agli amici lontani per mantenerli vicini.

Spargere tutto l’amore che sei in grado di dare e non ricevere in cambio nemmeno una persona reale.

Ascoltare una musica di sottofondo che ti accompagna sordamente. Pensare che non ce la farai mai, ma non con la superficialità di chi lo dice e poi non lo fa. Credere davvero che fallirai.

Piangere tanto, forte e a singhiozzi. Ma fare finta di niente per non allarmare la gente.

E le camminate lunghissime in mezzo al verde. I pensieri che si annullano nel niente.

Lo yoga, la piscina, il softball e la bicicletta, per scuotere il corpo, dare una specie di via retta.

L’estate di impegni da esaurimento nervoso, fronteggiare le delusioni di un futuro nascosto, sognare e invaghirsi dei propri sogni.

Il compleanno a sorpresa più strano che ci sia, lo shock di chi ti sveglia e ti fa capire che non vuoi andare via.

Raccogliere di nuovo tutti i pezzetti del puzzle e rimettersi ferocemente al lavoro.

E poi scrivere le conclusioni e sentirsi felici.

Da qualche parte, sentirsi guariti.

Il mio anno di ricerca è una prova che ho superato, il cammino di un alpinista un po’ scemo che alla fine arriva prima di tutti. Volevo svegliarmi un giorno ed avere la soluzione in una mano e la felicità nell’altra. In realtà non ho raggiunto nessuna verità, continuo a non capire ma dev’essere giusto così.

Sono felice quando devo esserlo e triste nei momenti in cui la vita è inevitabilmente una merda. Oscillo e oscillerò come sempre, come facciamo tutti, come è naturale che sia.

Ma quello che cambia, è la serenità di fondo che mi accompagna. Si è installato da qualche parte nel mio essere uno strato molle e piacevole di perfetta serenità. 
Di forza, perché sopravvivrò. 
Di dolcezza, perché amerò.

Di nuovo.

Ho raggiunto il mio obiettivo e l’unica cosa che sono riuscita a fare è stata correre a casa a piangere tra le risate, condividendo con me e solo con me – come è giusto che sia – quel momento di dolorosa soddisfazione.

Ho raggiunto il mio obiettivo e ho dimostrato a me stessa il contrario di qualcosa.

Ho dimostrato che non sono nulla. Che non sono niente. E che proprio questo vuoto, finalmente, mi riempie. 


domenica 10 novembre 2013

Memorias del olvido

Me pasaron tantas cosas
y no me acuerdo de nada
solo del viento y tus ojos
de llorar a carcajadas.

No se cuanto habrá pasado
desde cuando te leía
nunca quise darme cuenta
que no era idea mía.

Hoy no es que rompa cadenas
solo me doy por vencido
y te perdono por todo
por venir y haberte ido.

Si la pena se supera
a mi me importa muy poco
no esperaba que así fuera mi amor
si aun sueño que te toco.

No se dé un tiempo a esta parte
no entiendo como pude desarmarme

Me sobraron tantas cosas
que no pude darte a tiempo
o tal vez nunca exististe
fuiste mi mejor invento.

Hoy mis ojos no te ven
hoy mi boca no te nombra
nadie sabe que me hiciste mi amor
solo mi cuerpo y tu sombra.

No se de un tiempo a esta parte
no entiendo como pude desarmarme
no se de un tiempo a esta parte
no entiendo como pude desarmarme
y como termino.

No te va a gustar - Memorias del Olvido 




Mi sono successe tante cose
E non ricordo niente
Solo il vento e i tuoi occhi
Da piangere a fiotti

Non so quanto sarà passato
Da quando ti leggevo
Non ho mai voluto rendermi conto
Che non eri un’idea mia

Oggi, non è che rompo le catene
E’ solo che mi do per vinto
E ti perdono per tutto
Per venire ed essertene andato

Se il dolore si supera
A me importa molto poco
Non mi aspettavo che fosse così amore mio
Se ancora sogno di toccarti

Non so, da un po' di tempo
Non capisco come ho potuto disarmarmi

Mi sono rimaste tante cose
Che non ho fatto in tempo a darti
O magari non sei mai esistito
Sei stato la mia migliore invenzione.

Oggi i miei occhi non ti vedono
Oggi la mia bocca non ti nomina
Nessuno sa quello che mi hai fatto amore mio
Solo il mio corpo e la tua ombra

Non so, da un po' di tempo
Non capisco come ho potuto disarmarmi
Non so, da un po' di tempo 
Non capisco come ho potuto disarmarmi
E come finì.

venerdì 1 novembre 2013

Dall'alto dei vent'anni

Nota introduttiva personale: in questo periodo sto consegnando una tesi di laurea sudatissima (non perché sia il lavoro più bello del mondo, ma per tutti gli strascichi emotivi che sono stata capace di attaccarci. E vabbé). Passando tanto tempo al computer a scrivere tecnicismi, fatico a trovare il tempo per me, la mia scrittura e questo blog a cui mi sto piano piano affezionando.
Quindi, visto che ho il malsano vizio di rileggere regolarmente i miei scritti del passato, ho deciso di dare un po' di luce all'Erica ventenne (ri)proponendo una cosa che in fondo non era così male.


Dall'alto dei tuoi vent'anni, quando vivi in un'altra città, studi letteratura e sei pieno di sogni.



Nota introduttiva meno personale: qualcuno mi ha detto che un blog è un modo costruttivo per parlare con se stessi. Sono d'accordo. Ma questa modalità così auto-referenziale ormai ha i giorni contati. 

The times they are a-chagin'.

7/10/06


Penso che la felicità non abbia un colore sgargiante, squillante, penso che non sia passionalmente rossa, pacchianamente gialla, sordidamente verde; la felicità dovrebbe essere, se non sbaglio, un pezzo d’ambra, trasparente, pacato, traslucido. Non è una sensazione, nè una risata ma un fossile, il fossile dentro l’ambra.

E l’amicizia è un gesto più che una parola, è silenziosa e discreta, la mia amicizia, e si basa sull’esclusività: tu sei unica, tu sei un pezzo nel puzzle delle mie personalità, e solo tu puoi capire questo. Tieni, a te io do questo e solo a te, perché tu lo tenga; vieni, con te e solo con te stasera io voglio stare.

Tu mi conosci, mi accetti e forse mi capisci; non ho bisogno di parlare di me, non ho bisogno di spiegarti il perché delle cose di prima ma solo, eventualmente, di quelle presenti.

E possiamo parlare del mondo, e non solo di noi, possiamo parlare di tutto, non solo di me.

E le parole che dicono questo, invischiate nell’ambra, senza rimbombo parlano, sono i puntini neri che opacizzano il colore; il contorno che non è inessenziale.

La selezione dell’amore, la selezione dell’affetto, sono inevitabili e vere, molto più vere delle parole che rimbombano all’infinito, dei gesti sforzati (perché quando siamo gentili lo facciamo solo per noi). Io sto in silenzio, amo molto coloro che vedo, molto meno chi non c’è mai, ed è giusto così.

Amo scavare in profondità.


domenica 20 ottobre 2013

Zen Bazar

Una sera da lupi fuori, con lampi e tuoni e il camino acceso a casa dei miei.
Una settimana di studio e solitudine informatica e ora il vuoto del vuoto, anche se non si dovrebbe chiamare così.
Anche se non si dovrebbe mai pensare al passato, e si dovrebbe andare avanti come i muli con i paraocchi, e pensare che quello che verrà domani sarà sempre migliore del presente, che quello che verrà domani sarà migliore in generale, chi lo sa.

A volte ho questa sensazione stranissima di non sapere in quale stagione siamo, a quale periodo dell'anno stiamo per avvicinarci; io ho dimenticato che siamo di nuovo in autunno, che presto mi mancheranno le ore di luce come se fossero aria, che presto il freddo e l'umidità mi faranno piangere per il nervosismo, che presto arriverà la prima neve e con lei una valanga di ricordi, che la mia vita sociale già così scarsa e impostata soggiacerà alle regole dell'inverno padano e si ibernerà inesorabilmente.

Anche se non si dovrebbe mai pensare alle condizioni esterne, e guardare solo il sole interiore, e pensare che quello che esiste è sempre bellissimo, e che siamo noi la chiave di tutto e per tutto.

Sì, certo.

A volte le mie belle teorie zen che mi piacciono da morire e mi aiutano tantissimo, mi sembrano solo un cumulo di stronzate scritte per gente debole, gente a cui la vita non ha dato niente a cui pensare e che ha la straordinaria abilità di crearsi problemi dal nulla oppure - al contrario - gente che l'unica cosa che dovrebbe fare è scappare lontano e fare vere scelte di vita, ma non ha le palle per farlo e allora si rifugia in questa ingannevole non-resistenza e accettazione di tutto (che, se non stai un minimo attento, si traduce in una spaventosa forma di auto-repressione).

Credo che seguire le filosofie orientali mentre sei totalmente immerso in una vita occidentale possa essere sottilmente fuorviante e credo che possa anche indurti a una leggera forma di schizofrenia. Perché applicare fedelmente i principi del distacco e dell'atarassia in una società che di calmo non ha proprio niente, ti porterà a soffocare interiormente le tue parti più nere e più bieche, in una continua lotta con la rabbia, il nervosismo, la frustrazione che gli altri ti gettano inevitabilmente addosso.
Così, o tu ti eleverai a strenuo e isolato paladino della giustizia interiore (con una certa aria di sufficienza del tuo Ego, che mal si addice in realtà a un piccolo Buddha) oppure coltiverai solo nel tuo intimo e piccolissimo giardino queste meravigliose capacità, applicandole a comando come se fossero una tessera punti di uno sperduto negozio biologico.

E nelle relazioni (ah, le relazioni!) applicando fedelmente i principi dell'Amore Universale riuscirai per prima cosa a farti calpestare per bene dalle "persone inconsapevoli", che ti passeranno sopra più e più volte mentre tu gioisci acquisendo conoscenza e consapevolezza per entrambi, poi perderai piano piano tutti gli amici che hai intorno perchè tu, persona illuminata, non riesci a sottostare alle regole comuni e il tuo cuore soffre troppo per le falsità del mondo. 

Predicare l'amore, predicare la gioia, predicare la comprensione e l'accettazione, amare se stessi e trovare il proprio centro… penso siano concetti che in Oriente sono radicati, compresi e sensati, ma applicati alla frenetica e super-individualistica vita occidentale non fanno altro che instillare nelle nostre menti un senso di solitudine ancora più grande, dove il messaggio finale è che "solo tu puoi salvarti", solo tu hai "la risposta"... ovvero, solo tu ti scazzi.

Ti scazzi, ovvero ti arrangi, ce la devi fare da solo dopo un meraviglioso seminario di 3 giorni al modico costo di 500 euro, dove il maestro superiore (anche un po' egoico) ti ha insegnato a chiudere gli occhi ed estraniarti dal mondo. Così poi, quando li riapri, sai che la tua vita fa schifo, ma almeno sei capace di affrontarla con tranquillità e serenità interiore.

E' questa la soluzione proposta? E' questo tutto l'insegnamento che possiamo trarre da millenni di tradizione filosofica e spirituale?

La grande energia cosmica di cui si parla in continuazione, la grande connessione di cui tutti gli esseri umani prima o poi faranno parte, il grande moto di consapevolezza universale, altro non è che un mondo di persone che si sfiorano l'un l'altre? Tutte egualmente sommerse di problemi pratici e tutte egualmente infelici fuori ma felici da qualche parte dentro?

Una serata da lupi e tanta stanchezza interiore portano a pensare che le soluzioni, in realtà, sarebbero maledettamente più semplici.

Che tutti già sappiamo chiaramente dove, come (e magari con chi) vorremmo andare.

Tu solamente chiudi gli occhi e immaginati felice.

Chiudi gli occhi,
immaginati felice,
e prendi un cazzo di biglietto per stare esattamente lì dove vorresti essere.


domenica 13 ottobre 2013

A volte è meglio non capire


«Vorrei capire.»

«Cosa?»

«Tutto, tutto questo.» Accennai intorno.

«Capirai quando avrai dimenticato quello che capivi prima.»



Italo Calvino


Ogni cosa a suo tempo, ad ogni tempo la sua cosa.
Bologna, ottobre 2013




martedì 24 settembre 2013

The perks of being a wallflower

Prima cosa. Mi chiedo sempre perchè alcuni titoli italiani di film stranieri debbano essere così stupidi e inappropriati. Cambiando quasi totalmente la tua aspettativa sul film.
"Noi siamo infinito" è la brutta versione di The perks of being a wallflower, una commedia carina e non troppo scontata sul già mille volte raccontato mondo degli adolescenti americani.

Seconda cosa. Un wallflower nel film è la persona che fa tappezzeria. Quello che alle feste si mette in un angolo e non parla con nessuno, quello che a scuola è tutto fuorchè uno popolare. Quelli un po' strani, weird, che poi alla fine o si adattano al mondo reale oppure trovano altri strani.

Terza cosa. Sì,è vero, c'è l'happy handing. Ci sono i tipici cliché da telefilm. Però c'è una bella colonna sonora. E alcuni personaggi interessanti. E sì insomma un'ora e mezza ti vola via.

Ultima ma non ultima.
Hanno rotto il cazzo gli intellettualodi che per principio non guardano niente se non i loro belli film d'essai. Quelli belli pesanti, con trame assurde, o peggio quelli senza trama, due ore e venticinque minuti di primi piani e riprese a lungo campo su paesaggi deserti.

...Sì sì, lo so, sto scherzando, è arte, e io sono d'accordo.

Ma io in fondo un po' di leggerezza, non fa mica così male.

Relax, and take it easy!




giovedì 12 settembre 2013

Musica per l'anima

Fa freddo stasera.
Sulle belle colline emiliane l'estate è finita tutto d'un colpo.
Il riscaldamento in macchina, la coperta nel letto e la giacca infilata per andare fuori a fumare una paglia.

Fa freddo stasera, ma non mi dispiace.
Puoi vedere l'autunno come una rinascita, non una morte.
Puoi vedere il gelo come qualcosa che ti fa tornare in te, dopo l'estate dove tutti sono obbligati ad essere belli e felici.

Fa freddo stasera ma dentro di me c'è un lumicino di speranza.
La speranza condivisa con alcune Persone che mi stanno riscaldando la vita.
Vicine o lontane che importa, se le senti di fianco.

Il mio gatto ha freddo e dorme già accoccolato ai miei piedi.
Io adesso proverò a sognare il futuro che tutti noi ci meritiamo.

The Cinematic Orchestra - Time and Space


Every soul comes to the sun
Carried on angel's wings to human birth
Born of love or born of hate
Each one is heaven sent to human fate

Dream
Little girl, dream

domenica 8 settembre 2013

Oración de la Gestalt

Yo soy Yo

Tu eres Tu

Yo no estoy en este mundo para cumplir tus expectativas

Tu no estás en este mundo para cumplir las mías

Tu eres Tu

Yo soy Yo

Si en algún momento o algún punto nos encontramos

Será maravilloso

Si no, no puede remediarse.

Falto de amor a mi mismo

Cuando en el intento de complacerte me traiciono.

Falto de amor a ti

Cuando intento que seas como yo quiero

En vez de aceptarte como realmente eres.

Tu eres tu, y yo soy yo.


[però che fatica vivere una vita senza aspettativa]




sabato 31 agosto 2013

L'elefante nel salotto




Elefante nella stanza (en. Elephant in the room) è un'espressione tipica della lingua inglese per indicare una verità che, per quanto ovvia e appariscente, viene ignorata o minimizzata. L'idea alla base è che un elefante dentro una stanza sarebbe impossibile da ignorare; quindi, le persone all'interno della stanza fanno finta che questo non sia presente, evitando così di affrontare un problema più che palese.

Le famiglie borghesi sono bravissime nel fare finta che un animale immenso non sia in casa e non stia disturbando ogni singolo giorno.
Le famiglie borghesi fanno finta di niente, per salvare l'apparenza, perché è meglio così.
Sai quanto sarebbe indecente avere un problema così grande? Ignoriamolo, sicuramente un giorno ci dimenticheremo che esiste.

Io forse un giorno lo ucciderò (povero elefante, lo so che tu non c'entri niente)

lunedì 26 agosto 2013

Remembering India

Sei anni e mezzo fa sono stata in India per dodici giorni.
Mio padre molto spesso viaggia per lavoro e quella volta ebbi la fortuna di seguirlo.
Con una media di un volo interno ogni due giorni, ho avuto l’opportunità di vedere tantissimi posti, dal sud all’ovest al nord.
Ho ancora negli occhi e nel naso le forti e meravigliose complessità di un paese che ha cambiato la mia prospettiva di vita, e desidero tornare al più presto. Ma non è questo il punto, adesso.

Nei giorni in cui mio padre doveva lavorare, mi affidava a un autista privato che mi portasse in giro a farmi vedere la città e il posto in cui eravamo in quel momento. A volte mi accompagnava anche un’altra donna – una collega, o una parente di amici di mio padre – e certo questa era la situazione più consigliabile, secondo i loro standard, per visitare i luoghi.
Più spesso, però, eravamo solo io e l’autista, che mi chiedeva dove volessi essere portata, come se fossi una vecchia signora inglese sulla diligenza.

Io ero timida, e il mio inglese non era molto fluente, quindi forse non ho approfittato come avrei potuto di quei momenti di solitudine e scambio forzato con una persona rigorosamente del posto. Ma non è questo il punto.

Il punto è che ricordo un momento particolare di condivisione vera con una di queste meravigliose persone (meravigliose, perché sentivi dentro di loro un’energia del tutto particolare).
Ero a Chennai, metropoli caotica del sud-est indiano, un posto sul mare ma molto poco turistico. La mia guida Lonely Planet non diceva molto sulle cose da visitare; io volevo vedere il mare e la spiaggia ma lui saggiamente e gentilmente mi disse: non fa troppo caldo, Lady?
Io che di solito ribatto sempre e voglio avere ragione su tutto, detti semplicemente ragione a questo sconosciuto dall’inglese cantilenante, e per quella giornata mi affidai a lui. Va bene, allora portami dove credi.

Non ricordo quanto tempo passammo nel traffico – sicuramente tanto, come sempre – ma infine arrivammo a un tempio indù. Ne avevo già visti tanti, anche di più belli e più grandi. Ma lui mi invitò a entrare. Insieme.
E lì iniziò a spiegarmi tutto – sì, le cose le sapevo, le avevo già lette nella guida – ma ad ogni passo mi spiegò i loro rituali, intuendo perfettamente quali erano per me le cose più strane o quelle che non riuscivo a capire.

E a un certo punto fece una cosa che non dimenticherò mai.
Mi disse: you see Lady? You pray like this (e giunse le mani incrociandole come fanno i cattolici), and we pray like this (con le mani giunte ma dritte). But it’s the same!

It’s the same. E’ lo stesso.
Hai ragione, sconosciuto indiano, noi cantiamo e voi offrite fiori, voi vi togliete le scarpe e noi ci copriamo le spalle, noi preghiamo e voi pregate. But it’s the same.

Dietro al tempio c’era anche una chiesa cristiana. Non me lo invento, lo giuro. Una chiesa cristiana bianca in ristrutturazione, con i paria che giravano semi-nudi con i mattoni in testa. Entrammo anche lì, insieme. Le icone dei Santi e della Madonna avevano pelle e tratti indiani, e gli avevano offerto fiori di loto – non me lo dimenticherò mai.

Alla fine della giornata mi riportò nell’albergo da mio padre e i suoi colleghi. Parlando durante il tragitto, capii che questo ragazzo era laureato, voleva fare l’ingegnere ma non trovando niente di meglio si adattava come autista.
Alla sera a cena mio padre e i suoi colleghi mi chiesero com’era andata la giornata. Scoprii che il mio “autista” era una persona che più o meno conoscevano, aveva già inviato il suo curriculum alla ditta o qualcosa del genere. Io lo lodai per tutto il tempo. Mi aveva fatto sentire bene, era una persona corretta e colta.

Questo ragazzo ha lavorato per due anni nella ditta dei colleghi di mio padre e poi gli è stato offerto un ottimo trasferimento, con famiglia a carico.

Non me lo invento, lo giuro.

Avere vent'anni e visitare un paese così pieno di contraddizioni. Di notte dormire nel lusso degli alberghi costosi e di giorno inondare il cuore di immagini di povertà, Viaggiare per chilometri e chilometri e incontrare persone dappertutto. Un miliardo e duecento milioni di vite.
E poi cammelli, mucche, capre, scimmie, elefanti, serpenti, in una società che vive e rispetta l'animale come parte normale della sua quotidianità.
Avere vent'anni e sapere che, in un posto del genere, prima o poi dovevo ritornare. 







sabato 24 agosto 2013

Όσο μπορείς (per quanto sta in te)

E se non puoi la vita che desideri
cerca almeno questo
per quanto sta in te: non sciuparla
nel troppo commercio con la gente
con troppe parole in un viavai frenetico.

Non sciuparla portandola in giro
in balìa del quotidiano
gioco balordo degli incontri
e degli inviti,
fino a farne una stucchevole estranea.

Konstantinos Kavafis

Όσο μπορείς

Κι αν δεν μπορείς να κάμεις την ζωή σου όπως την θέλεις,
τούτο προσπάθησε τουλάχιστον
όσο μπορείς: μην την εξευτελίζεις
μες στην πολλή συνάφεια του κόσμου,
μες στες πολλές κινήσεις κι ομιλίες.
Μην την εξευτελίζεις πηαίνοντάς την,
γυρίζοντας συχνά κ' εκθέτοντάς την
στων σχέσεων και των συναναστροφών
την καθημερινήν ανοησία,
ως που να γίνει σα μια ξένη φορτική.
[1913]

[riflessioni di un venerdì sera solitario d'agosto]

lunedì 19 agosto 2013

§

Tu dà amore,
forse riceverai amore.

Tu dà sorrisi,
forse riceverai sorrisi.

Tu dà bellezza e calore,
forse riceverai lo stesso dono.

Vorrei abbandonarmi al flusso della vita e lasciarla fare.
Che mi porti lei, dov'è il mio destino.
Che mi guidi lei, in giro per il mio cammino.

In questo momento ho paura - è vero, e lo accetto.

In questo momento sono fragile - è vero, e lo accetto.

Ma tutto scorre e niente è eterno.
Tutto ha un senso e tutto serve (mi sa di sì).

E biasimarsi non fa stare meglio.

Distribuisci amore.
Distribuisci sincerità.
Distribuisci vita, Erica.

Ricorda: la felicità non è mai stupida. 

venerdì 9 agosto 2013

Valigia time

E' di nuovo il momento di fare la valigia.
Domani si va all'Est, che non ho mai visto.
Domani si va.

Non ho ancora capito se il viaggio per me è una droga o una cura. In ogni caso, so che mi fa stare bene. Perchè...

Cosa ci sia di meglio di un viaggio, io non lo so. La naturale felicità di lasciare casa e partire, sentire il rollio del motore di un aereo, lo sferragliare di un treno, il suono di una nuova lingua. Cosa ci sia di meglio, per curare tutti i mali, dell'attesa dolce o snervante di una nuova meta, io davvero non lo so. 
Viaggiare è una questione di fortuna (e io fortunata lo sono) ma anche di scelte, di molte cene fuori in meno e qualche giorno in più via di casa, di guidare in autostrada alle 3 del mattino per prendere un volo all'alba a Linate, di lasciare indietro le cose che sono da fare, a volte di non sapere come si tornerà. 
Un viaggio può andare molto bene o molto male.  Ma non ti lascerà mai indifferente.
Non me, 
indifferente, 
mai.

2013, for the moment.


giovedì 8 agosto 2013

Lessico della cosiddetta diversità.

Visto che continuiamo sul filone delle relazioni umane, parliamo anche degli amori "diversi".

Credo sia necessario stabilire un dizionario chiaro e reale, prima di tutto.

Frocio non lo puoi dire.

Finocchio, nemmeno.

Lesbica può essere duro e spregiativo, anche se non ti sembra.

Checca e Lella possono essere scherzosi e soft. Ma occhio.

Non mi soffermo nemmeno su tutte quelle parole che si riferiscono più o meno esplicitamente ai genitali. Sono parolacce, non c'è molto da dire.

"Ah, quindi cosa posso dire?"

Gay.
Omosessuale.
Bisessuale.

Finchè ognuna di queste parole neutre non sarà pienamente e totalmente accettata dalla società in cui vivi, finchè anche la parola più neutra  e "innocente" farà rabbrividire qualcuno, non puoi permetterti di giocare con le parole borderline.

Quello che per te è un gioco innocente, quella che per te è solo una parola che fa ridere gli amici, per qualcuno è stato magari un insulto, un'offesa, uno sputo metaforico.

La tolleranza (prima) e la comprensione (poi) passano attraverso piccole cose.

Credo che l'attenzione al linguaggio sia uno dei primi grandi/piccoli segnali.


Boys don't cry - The Cure


giovedì 1 agosto 2013

...non come quando ragiono, ma come quando respiro.

Questo blog, alla fine, parla spesso di amore.
Si sa, troppo spesso ci si concentra più sulle cose che mancano che su quelle che abbiamo già.
Parla d'amore, ma ho imparato che amare ha milioni di significati e sfumature.
Non è affatto una parola univoca, non si riferisce affatto a un rapporto univoco.

Ho trovato per caso questa poesia-canzone di Gaber.
Gaber che ha cantato di tutto, ha parlato di tutto, e quasi alla fine della sua vita ancora non era capace di amare.
O forse, sì, chissà, e come tutti gli ottimi artisti, ha solo voluto lasciarci alcune parole in cui potessimo identificarci.

GRAZIE.

Quando sarò capace d'amare probabilmente non avrò bisogno di assassinare in segreto mio padre né di far l'amore con mia madre in sogno.
Quando sarò capace d'amare con la mia donna non avrò nemmeno la prepotenza e la fragilità di un uomo bambino.
Quando sarò capace d'amare vorrò una donna che ci sia davvero che non affolli la mia esistenza ma non mi stia lontana neanche col pensiero.
Vorrò una donna che se io accarezzo una poltrona, un libro o una rosa lei avrebbe voglia di essere solo quella cosa.
Quando sarò capace d'amare vorrò una donna che non cambi mai ma dalle grandi alle piccole cose tutto avrà un senso perché esiste lei.
Potrò guardare dentro al suo cuore e avvicinarmi al suo mistero non come quando io ragiono ma come quando respiro.
Quando sarò capace d'amare farò l'amore come mi viene senza la smania di dimostrare senza chiedere mai se siamo stati bene.
E nel silenzio delle notti con gli occhi stanchi e l'animo gioioso percepire che anche il sonno è vita e non riposo.
Quando sarò capace d'amare mi piacerebbe un amore che non avesse alcun appuntamento col dovere
un amore senza sensi di colpa senza alcun rimorso egoista e naturale come un fiume che fa il suo corso.
Senza cattive o buone azioni senza altre strane deviazioni che se anche il fiume le potesse avere andrebbe sempre al mare.
Così vorrei amare.


lunedì 29 luglio 2013

.

Correre tutto il giorno per non darti il tempo di pensare è come tentare di battere sul tempo l'oscurità. 
La vedi che ti insegue, la vedi che arranca per raggiungerti e a volte riesci a prendere un po' di vantaggio.

L'oscurità fa parte di te. La sensazione di un essere un pesce senza acqua. Una pianta senza radici. Qualcosa che non ha linfa. A prescindere dalle persone che ci sono o che mancano nella mia vita, a prescindere che io sia brava o no in quello che faccio, a prescindere da tutte le fortune che ho.

L'oscurità mi segue da una vita, forse sono nata con lei. Nata con un'ombra attaccata a me. Nessuno se n'era accorto, era lì incollata a un piedino, solo un centimetro di pelle, ma impossibile da togliere.

A volte mi sento inutile. Mi sento senza senso. Ma continuerò a vagare per questa vita che non mi piace, non è un problema. Sono diventata brava ad uscire a parlare a sorridere a confessarmi a interagire. In tutti questi mesi mi sono allenata per farlo, non è un problema.
Ma io sono sempre inutile e senza senso, vuota dentro immensamente, assente dentro, “pesante inside”, sola anche se circondata di gente, e so sempre di più che il problema non è la gente (purtroppo, forse).

Io mi nascondo, ma lei mi trova sempre.
Io non rispondo, ma lei continua a chiamare.
Io me ne andrò, ma lei mi seguirà.

L'unica soluzione che ho, per il momento, è fare finta che lei non esista.
Mentire spudoratamente e fare finta di star bene, sperando che prima o poi anche lei creda alla bugia e se ne vada.

Ignorata... magari se ne va.


lunedì 22 luglio 2013

Until you come

Take away my painLet the cold insideIt's time to let it rainThere's nothing left to hideTake away my painOh I'm not frightened anymoreI'm learning to surviveWithout you in my lifeTil' you come knockin' at my door



Dream Teather "Take away my pain"