In un piccolo campetto incolto davanti a
me ho zappato e seminato in quattro diversi quadrati. Non ho ben separato le
aree perché in fondo non mi interessava essere così precisa, però ho distinto
per bene i semi, in modo che le forse future piantine non si accavallino e non
si diano fastidio l’un l’altro, quando saranno grandi. Ho innaffiato. Ho
protetto il campetto dal sole. Poi mi sono seduta e ho aspettato. Aspettato.
Aspettato. Ancora aspettato…
Mi sono resa conto che le istruzioni
della scatola dei semini dicevano solo di portare
pazienza e non indicavano, neppure vagamente, la data di presunta crescita
di queste meravigliose piantine. E ciò mi ha fatto arrabbiare e innervosire:
come faccio a sapere se i semi hanno attecchito oppure no? Come faccio a sapere
se ho dato loro acqua sufficiente? E se ne avessi data troppa? E se la pioggia
li avesse annegati? E se…e se….
Spesso ero tentata di lasciare perdere la
fatica di curare ogni giorno quella muta zolla di terra, non sapendo se fosse
semplicemente una stupida perdita tempo. E poi, l’essere umano è un essere
impaziente, ha bisogno di vedere… e di
sapere…
Di sapere quale sarà la pianta più forte,
o quella più bella, o la semina più fruttuosa, di sapere alla fine cosa
nascerà…quale sarà il risultato…
Ma per una volta credo che davvero la
vita deciderà per me. Io le darà tutte le carte in mano e lei deciderà cosa
buttare. Io non so, io non controllo, io aiuto il mio destino ma non lo
posseggo, non lo governo e saranno Loro (Lui? Lei? Chissà) a dirmi alla fine
che cosa è meglio per me. Quali cure sono state le più efficaci.
Aspetto.
Difficilissima parola.
Io, aspetto.
Il Teatro degli orrori - Direzioni diverse
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