domenica 7 giugno 2015

Attendere, prego.

In un piccolo campetto incolto davanti a me ho zappato e seminato in quattro diversi quadrati. Non ho ben separato le aree perché in fondo non mi interessava essere così precisa, però ho distinto per bene i semi, in modo che le forse future piantine non si accavallino e non si diano fastidio l’un l’altro, quando saranno grandi. Ho innaffiato. Ho protetto il campetto dal sole. Poi mi sono seduta e ho aspettato. Aspettato. Aspettato. Ancora aspettato…
Mi sono resa conto che le istruzioni della scatola dei semini dicevano solo di portare pazienza e non indicavano, neppure vagamente, la data di presunta crescita di queste meravigliose piantine. E ciò mi ha fatto arrabbiare e innervosire: come faccio a sapere se i semi hanno attecchito oppure no? Come faccio a sapere se ho dato loro acqua sufficiente? E se ne avessi data troppa? E se la pioggia li avesse annegati? E se…e se….
Spesso ero tentata di lasciare perdere la fatica di curare ogni giorno quella muta zolla di terra, non sapendo se fosse semplicemente una stupida perdita tempo. E poi, l’essere umano è un essere impaziente, ha bisogno di vedere… e di sapere…
Di sapere quale sarà la pianta più forte, o quella più bella, o la semina più fruttuosa, di sapere alla fine cosa nascerà…quale sarà il risultato…

Ma per una volta credo che davvero la vita deciderà per me. Io le darà tutte le carte in mano e lei deciderà cosa buttare. Io non so, io non controllo, io aiuto il mio destino ma non lo posseggo, non lo governo e saranno Loro (Lui? Lei? Chissà) a dirmi alla fine che cosa è meglio per me. Quali cure sono state le più efficaci.
Aspetto.
Difficilissima parola.

Io, aspetto.

Il Teatro degli orrori - Direzioni diverse