mercoledì 29 maggio 2013

Perchè scrivere?


Scrivere per me è essenziale. È una specie di valvola di sfogo sempre aperta. Scrivere per me vuol dire dare voce alle cose più silenziose, quelle nascoste che faticano a salire.
D'altro canto, scrivere vuol dire anche riordinare, etichettare, capire.
Un pensiero scritto nero su bianco diventa un punto fermo.
E un'emozione tradotta in scrittura, diventa un pensiero.

Posso dire che scrivo – per me stessa – da sempre. Dal primo diario segreto che risale alla quinta elementare. Aveva le pagine con le righe e una foto copertina in bianco e nero. E un lucchetto che non ho mai usato perché, sbadata come sono, avrei di sicuro perso la chiave.
In realtà non rispetto neanche la vera natura del diario perché non scrivo tutti i giorni, e spesso non cito nemmeno i fatti. Però mi piace scrivere la data (quasi sempre) e un piccolo riferimento (raramente, solo se è importante).
Così quando mi perdo nel rileggere le mie vecchie cose, mi ritrovo cose come “inizio settembre, sulla via per Roma”, anche se nell'intera pagina non c'è un solo accenno al viaggio.

Io scrivo di sensazioni che rimangono sulla pelle, scrivo le impressioni che diventeranno ricordi.

Per questo i miei scritti-che-diventano-ricordi sono personalissimi, difficili e a volte anche scorretti, assomigliano più ad un'urgenza che a un sistema coerente. Per anni e anni sono stati la mia unica valvola di sfogo.

Poi, però, ultimamente ci sono anche le cose che scrivo per gli altri, immaginari o no.
Miriadi di lettere mai spedite dove tento di comunicare, smussando gli angoli dell'indecifrabilità. Miriadi di riflessioni quotidiane che partono da un pensiero da una canzone da un film o una lettura.
Ultimamente ho cominciato a sentire l'urgenza di condividere, a volte senza aspettare nemmeno una risposta, è come se mi dispiacesse lasciare che tutte le mie parole marciscano nella solitudine. Lasciare marcire dei pezzi di me.

Scrivere per un blog soddisfa un po' questo bisogno di esternare e lasciare andare. Sembra apparentemente senza senso scrivere se non si hanno lettori, ma per me un senso ce l'ha. Un senso lo troverà.

In ultimo ma non ultimo, da alcuni mesi a questa parte scrivo i miei scritti anche in spagnolo, per comunicare (per davvero o no) con alcune persone conosciute in Spagna con cui ho mantenuto un contatto profondo. A volte usare un'altra lingua, che conosco bene ma certo non ad altissimi livelli, ha un effetto strano: mi aiuta a tagliare, a chiarire, a semplificare. Uso espressioni diverse, strani giri di parole, devo trovare modi più semplici per dire quello che voglio dire.
Forse anche qui capiterà qualcosa in spagnolo e mi scuso già in anticipo per gli errori, le forzature e le stranezze che salteranno agli occhi a chi conosce la lingua meglio di me.

In fondo è come usare la lingua del cuore.

Ed essa, non importa in quale idioma sia, è sempre un linguaggio inventato. 

1 commento: